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rivendichiamo la precarita

Tuesday, December 28, 2004

 

Il fascino indiscreto del precariato

Global Project

Sabato 1 maggio 2004

La piena occupazione, questo triste sogno del passato, questa severa terra promessa, non tornerà più. Semplicemente perché è già qui. Più piena e diffusa che mai. Nelle intere vite costrette a merce che produce merce, nella ricerca spasmodica della vendita di sé, nell’autosfruttamento come suprema affermazione dell’individuo, nella servitù volontaria, nella creatività ridotta a macchina del profitto, nella penosa finzione del lavoro salariato alla ricerca di uno scarno sussidio. Ed è forse la prima volta nella storia che si realizza davvero. E’ dunque contro la piena occupazione che stiamo combattendo, una piena occupazione che si manifesta nella forma del ricatto, non in quella della garanzia. Non per il lavoro che manca, ma contro quello che pervade, occupa, distorce la vita di tutti. Precario e totale non sono più termini antitetici, mente e libertà non sono più sinonimi, autonomia e dipendenza lo sono invece diventati. Il paradosso si è fatto esperienza vissuta, comune, generale, ferrea legge dello sfruttamento, imperativo della "competitività". Tutto il lavoro è in un modo o nell’altro dipendente, ogni dipendenza deve darsi però nelle forme dell’autonomia dei singoli, nella parodia della libertà. Nessun articolo 18, nessuna rappresentanza è più sufficiente a proteggerci dalla potenza asservitrice di questo paradosso. Né le aule parlamentari, né le confederazioni, né i tavoli del ministero del lavoro, né un welfare calibrato sui modi di vita delle famiglie degli anni ’50, quando non dei ’30.

I vecchi diritti, quand’anche irrinunciabili, messi di fronte all’insieme della società e ai suoi modi di produzione e di vita, mordono l’aria vagheggiando una improbabile riscossa, l’impossibile restaurazione di condizioni ormai tramontate. I nuovi non possono che prender forma nel vivo dei conflitti, nel rifiuto delle regole, nella diserzione di massa dai modi di essere e di agire del "capitale umano", per dirla con una parola, nella politica dei movimenti e in un poderoso processo di autorganizzazione dal basso. Diritti del lavoro, della cittadinanza, della vita, diritti di libertà, spazio della politica, sfera pubblica, sono ormai fusi in una dimensione unica e comune. La vecchia divisione del lavoro tra partiti e sindacati, tra contrattatori e contrattati, tra libertà dei singoli e "interesse generale", tra politica ed economia ha perso ogni fondamento e ogni ragion d’essere. Il precariato, il lavoro cognitivo vive sulla propria pelle questa fine, ma la afferma anche come un esordio: l’esordio di una nuova politica. Nell’epoca della piena occupazione, nel mondo del lavoro mentale generalizzato la questione del lavoro è divenuta la questione stessa della libertà. E’ una dimensione che non ammette rinunce o compromessi con la forma di merce del lavoro, divenuta nel frattempo forma di merce della vita nel suo insieme. La famigerata "proprietà privata dei mezzi di produzione" si è trasformata, a tutti gli effetti, in proprietà privata delle vite altrui. E su questo c’è ben poco da "concertare".



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